domenica 13 luglio 2014

Flannery O'Connor: il diavolo e la grazia

“Flannery O’Connor era un genio”. È scritto sulla quarta di copertina a firma “The New York Times Book Review” del libro “Nel territorio del diavolo. Sul mistero di scrivere” edito da Minimum Fax. Non potrei definirla in altra maniera. Con le idee ben chiare in testa va dritto al punto: come si impara a scrivere. Il libro raccoglie una serie di interviste, trascrizioni di conferenze e parti di lettere della O’Connor, ma questo non impedisce di trovare un filo conduttore netto e illuminante. Tanto per cominciare si parte da un’osservazione così semplice che sfiora l’ovvietà: è impossibile impressionare il lettore con delle astrazioni e perciò è indispensabile utilizzare i sensi per riprodurre con concretezza la realtà. Contorto? Sì, è colpa mia, la O’Connor lo spiega trilioni di volte meglio. 
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domenica 6 luglio 2014

Scrivere e vivere: ci si campa con la scrittura?


Un po' di tempo fa ho frequentato un micro corso di scrittura creativa durante il quale sono emerse due teorie in apparente contraddizione. C'era chi diceva che oggigiorno è quasi impossibile vivere di sola scrittura e chi invece sosteneva che è possibilissimo anche senza essere degli autori di best sellers. In realtà c'è un equivoco di base. Chi sosteneva la teoria del “è possibile” comprendeva nel lavoro dello scrittore anche una serie di mestieri collaterali diversi dal puro “scrivere”, come ad esempio tenere corsi di scrittura creativa, fare l'editor o il consulente per case editrici e via discorrendo. Questo ha a che fare con il mondo della scrittura ma è qualcosa di diverso dal “solo” scrivere un romanzo e aspettare.

macchina da scrivere vanillasnotes

martedì 24 giugno 2014

Scrittura e campionati di calcio: come imparare da una partita

Lo dico subito: non mi intendo di calcio e non ho una squadra del cuore. Da piccola tifavo “Juve, Juve” solo per adeguarmi alla totalità della mia classe. Tifavamo tutti (?) la stessa squadra per spirito di contraddizione nei confronti del maestro milanista. C’era un motivo economico sotto: quando capitava “Juve-Milan” e “noi” vincevamo, il maestro ci portava tutti al barettino dietro al parco delle scuole elementari e ci comprava il gelato. 
Ho poi avuto un periodo di "allenamenti" calcistici solitari che sono durati più o meno quanto la serie "Holly e Benji": finito il cartone, finita la passione. Quindi le mie conoscenze delle regole del calcio risalgono a quanto raccontavano nel cartone animato, se nel frattempo è cambiato qualcosa... addio, non ne so nulla.
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Ph. credit qui

domenica 13 aprile 2014

Ernest Hemingway e il principio dell'iceberg

Dopo qualche settimana di assenza torno finalmente al mio blog. Ho dovuto affrontare richieste strampalate al lavoro che mi hanno succhiato energia ben oltre l'orario ordinario ovvero anche quando ero sotto la doccia, ai fornelli o a letto con gli occhi sbarrati. Il mio obiettivo ora è trascinarmi fino alle vacanze di Pasqua. Mi sento molto lombrico. 

Era però già da un po' che avevo in pentola uno schemino nuovo su una intervista di George Plimpton  a Ernest Hemingway. Per chi se la cava con l'inglese la trova qui sul sito della Paris Review. Altrimenti è possibile leggersela in italiano procurandosi questo simpatico librino "Il principio dell'iceberg. Intervista sull'arte di scrivere e narrare" pubblicato da Il Melangolo. 
immagine de il principio dell'iceberg di hemingway su vanillasnotes

venerdì 14 marzo 2014

Qualche consiglio da Raymond Carver

Oggi voglio parlare di uno dei miei idoli: Raymond Carver. Andando a zonzo sul sito di The Paris Review ho trovato una bella intervista che spiega anche un po' il metodo di lavoro dello scrittore.
Ne riporto alcuni estratti in lingua originale e a seguire la mia traduzione casalinga.
L'intervista completa è qui e vale proprio la pena leggersela. C'è molto da imparare.

Raymond Carver, The Art of Fiction No. 76
Raymond Carver, L'arte della narrativa, n. 76

Interviewed by Mona Simpson, Lewis Buzbee
Intervistato da Mona Simpson, Lewis Buzbee


The fiction I'm most interested in has lines of reference to the real world. None of my stories really happened, of course. But there's always something, some element, something said to me or that I witnessed, that may be the starting place. Here's an example: “That's the last Christmas you'll ever ruin for us!” I was drunk when I heard that, but I remembered it. And later, much later, when I was sober, using only that one line and other things I imagined, imagined so accurately that they could have happened, I made a story—“A Serious Talk.”* 

La narrativa che più mi interessa ha delle linee di congiungimento con il mondo reale. Nessuna delle mie storie è realmente accaduta, naturalmente. Ma c'è sempre qualcosa, qualche elemento, qualcosa che è stato detto o a cui ho assistito, che potrebbe diventare il punto di partenza [della storia]. Ad esempio: "Questo è l'ultimo Natale che ci rovini!" Ero ubriaco quando ho sentito queste parole, ma me le sono ricordate. E più tardi, molto più tardi, quando ero sobrio, utilizzando solo quella frase ed altre cose che ho immaginato, immaginato così accuratamente che sarebbero potute accadere, ho scritto un racconto, "Un discorso serio"* 

*In “Di cosa parliamo quando parliamo d'amore?” (What we talk about when we talk about love?)

Immagine di Raymond Carver su Vanillasnotes
Ph. credit qui

sabato 22 febbraio 2014

Romanzo o racconto?

“Scrivere narrativa” è un saggio di Edith Wharton che, tra tanti suggerimenti, spiega in modo chiaro la differenza tra la costruzione di un racconto e quella di un romanzo. E che differenza c’è? C’è, c’è, anche se non si vede ad un primo sguardo.
Il romanzo non è un racconto lungo, stiracchiato per le orecchie per aggiungere pagine tra l'inizio e la fine della vicenda e allo stesso modo il racconto non è un romanzo corto, condensato tramite tagli feroci per arrivare ad un concentrato di poche pagine. Sono proprio due “animali” diversi che hanno caratteristiche differenti e vanno pensati e costruiti in modo diverso. Di conseguenza quando abbiamo tra le mani un soggetto dobbiamo cercare di metterlo a fuoco e capire bene se per quel soggetto è più adatta la forma del racconto o quella del romanzo. Ma quali sono le differenze principali?
Immagine di Scrivere narrativa di Edith_Wharton_vanillasnotes


martedì 11 febbraio 2014

A spasso senza meta

Sabato scorso sono andata a farmi un giretto per Bologna. C’era un bel sole simil-primaverile, l’aria frizzantina e tanta gente a spasso qua e là per l’enorme isola pedonale. Passeggiare senza una meta precisa su e giù per le vie del centro, avendo il tempo di ascoltare qualche frase spezzettata senza la fretta dei giorni di lavoro fa sembrare piazza Maggiore un salottone pieno di bambini che corrono, artisti di strada che intrattengono i turisti e studenti che sfogliano libri sui gradini dei palazzi.
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Il Nettuno in piazza Maggiore a Bologna, dalla sua angolazione "migliore"!

martedì 4 febbraio 2014

Taccuini famosi

I taccuini degli scrittori hanno qualcosa di sacro, è come se fossero impregnati dell'aura dello scrittore stesso. Sono oggetti intimi che custodiscono le idee, il metodo di lavoro, i segreti e le manie del loro possessore e dai quali a volte è possibile riconoscere la scintilla che più tardi si è concretizzata in un romanzo famoso. Leggere la trascrizione degli appunti degli artisti raccolti in un libro è molto utile, ma non è niente in confronto a sfogliare di persona i loro taccuini, quelli che hanno tenuto in mano e si sono portati appresso per una vita. 
Immagine del taccuino di Jack Kerouac. vanillasnotes
Il taccuino di Jack Kerouac. Ph. credit qui

giovedì 23 gennaio 2014

L'arte della scrittura secondo Robert Louis Stevenson

Quanto mi piacciono i libricini che sanno di antico! Ho letto “L'arte della scrittura” di Robert Louis Stevenson edito da Mattioli 1885 ed è una meraviglia. Formato tascabile, copertina rugosa, pagine stondate e i consigli geniali di uno scrittore che ho amato da bambina e tuttora non smette di stupirmi. In questo saggio Stevenson fissa alcune delle sue teorie sull'arte della scrittura e tocca moltissimi argomenti fondamentali, ad esempio: la costruzione di un personaggio, la scelta delle parole, i “furti legittimi” agli altri scrittori, l'importanza dell'essenzialità, l'intreccio, il ritmo, i contenuti della frase e molto altro ancora. Dalle pagine emerge la passione e la profonda umiltà di Stevenson come scrittore e come persona... e questo me lo ha fatto amare ancora di più.
L'arte della scrittura di Robert Louis Stevenson su vanillasnotes

lunedì 20 gennaio 2014

Le stanze degli scrittori

Dove è meglio scrivere? Difficile dirlo, ognuno di noi è diverso e ognuno di noi ha i propri personalissimi gusti. Per quanto mi riguarda preferisco scrivere a casa mia, in genere sul divano con il gatto tra i piedi e la musica nell'aria. Se invece ho voglia di mettermici d'impegno, da una certa ora x a un'altra ora y (mai rispettato un piano di lavoro in vita mia...), mi piazzo diligente alla scrivania. Quest'ultima opzione è praticabile solo quando la suddetta scrivania non è sommersa di "robe appoggiate lì solo per un attimo che poi dopo le metto a posto"… di solito diventa un ammasso di materia informe dalla quale spuntano libri, matite, elastici per i capelli, pezzi di contabilità, nastri di pacchi regalo, mezzi biscotti, graffette, pupazzetti, calcolatrici. Questo quando voglio scrivere "sul serio" perché quando si tratta di segnarsi un appunto volante, un'idea, un'ispirazione respirata sul momento, non ha importanza dove mi trovo, tiro fuori il taccuino e scrivo.
Non so perché ma vedere la scrivania, lo studio, la stamberga, il caffè, la panchina dove gli scrittori amano scrivere, mi ha sempre incuriosito e dato l'impressione di potermi mettere in contatto con loro, come se da quei luoghi e quegli oggetti trasudasse l'anima di chi li ha frequentati.
Poi torno a pensare a me e ai miei banalissimi luoghi che non hanno niente di leggendario e mi dico: "è una missione impossibile".
Foto del tavolino di Jane Austen
Il tavolino di Jane Austen. Ph. credit: Eamonn McCabe qui

martedì 14 gennaio 2014

Le idee che vale la pena sviluppare e quelle che invece è meglio lasciar morire di inedia

Le idee rimbalzano in testa a qualsiasi ora e in qualunque luogo e, a meno che non si stia guidando o si sia bloccati sotto i ferri del dentista, è possibile appuntarsi un’idea su di un taccuino.
In genere a me capita che un’idea mi si accenda in testa quando non ci penso, quando magari sto (appunto) guidando, o sono in bici o le (rare) volte che pulisco la casa, quando cioè svolgo operazioni meccaniche, gestite in automatico dal mio cervello. Le operazioni semplici infatti occupano poca “ram” e mi lasciano sufficiente (?) cervello libero per scorrazzare avanti e indietro senza freni.
È come se in quei momenti di isolamento forzato senza mansioni intellettuali più impegnative da svolgere, la mia mente non avesse più restrizioni e fosse più libera di pensare e partorire idee su idee.
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martedì 7 gennaio 2014

Edgar Allan Poe e la filosofia della composizione

Ho scovato un libretto interessante di Edgar Allan Poe: la filosofia della composizione. In questo saggio il grande Poe (anzi Allan Poe... ma non posso farcela a ricordarmelo) spiega quale sia la sua tecnica di scrittura e prende ad esempio la composizione della sua famosa poesia "The Raven" (Il corvo).
Tra le varie cose che ci dice una balza all'occhio: "nessun particolare della sua composizione è attribuibile al caso o all'intuizione".
Ci dice inoltre che il suo intento era quello di comporre una poesia che si adattasse al tempo stesso al gusto del pubblico e a quello della critica.
Non male, le premesse!
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mercoledì 1 gennaio 2014

Show, don't tell: che cos'è - Parte 1

Lo show, don't tell (mostrare, non raccontare) è uno strumento di tecnica narrativa. Sbirciando su Wikipedia si può avere un'idea generale sul che cosa si intenda. Dalla pagina di Wikipedia in inglese:

Show, don't tell is a technique often employed in various kinds of texts to enable the reader to experience the story through action, words, thoughts, senses, and feelings rather than through the author's exposition, summarization, and description.

Lo show, don't tell (mostrare, non raccontare) è una tecnica impiegata spesso in vari tipi di testi per permettere al lettore di vivere il racconto tramite l'azione, le parole, i pensieri, i sensi e i sentimenti piuttosto che tramite l'esposizione, il riassunto e la descrizione dell'autore.
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